09 marzo 2021

Fantascienza, utopia e digital humanities: archivi virtuali, biblioteche ideali, nuove euristiche della rete

Gli eredi del capitano Nemo: la fantascienza e il fantastico dal Settecento ad oggi, Torino, Little Nemo studio bibliografico, 1993 – Fondo Scheiwiller

Interessata ai rapporti tra umanità e tecno-scienza, l’immaginazione speculativa prospera nel mondo della rete. Per la verità, la fantascienza ha funzionato come un laboratorio ipotetico per esperimenti che hanno profondamente contribuito a dar forma alle intersezioni tra digitale e studi umanistici. A partire almeno dall’enciclopedia mondiale, con la sua struttura neurale, immaginata da H.G. Wells, prefigurazione dei nostri database elettronici relazionali, concetti come quelli di realtà virtuale immersiva o intelligenza artificiale, e riflessioni-chiave sui rapporti tra fisicità corporea e dematerializzazione digitale hanno preso forma nei romanzi di autrici e autori come Philip K. Dick, Anne McCaffrey e William Gibson.

Invitiamo allora le nostre lettrici e i nostri lettori a una breve ricognizione della fantascienza nel mondo digitale, a partire da questa domanda guida: la fantasia scientifica e utopica costituisce un terreno privilegiato di ricerca delle discipline umanistiche a contatto col digitale? La risposta – ci accingiamo a dimostrare con qualche esempio – può essere senz’altro positiva, almeno in alcuni risvolti importanti di quell’ambito plurivoco e in tumultuoso sviluppo che va sotto il nome di digital humanities.

Dal punto di vista dell’accumulo e della messa a disposizione di informazioni testuali e metadatazione bibliografica, esperienze come The Internet Speculative Fiction Database (nato nel 1995 e in costante aggiornamento) rappresentano progetti di impressionante portata quantitativa, che con procedure di crowd sourcing e costruzione cooperativa sostengono un modello di accesso aperto a favore dell’utilizzatrice finale. Iniziative catalografiche ed enciclopediche nel mondo anglofono riflettono una crescente circolazione globale della cultura e tendenze traduttive che stanno portando sul mercato internazionale testi di aree extra-europee ed extra-atlantiche, come quelle cinese e giapponese. Esemplare di questo è il crescente spazio dedicato ad autori e opere non anglofoni nelle 18.000 voci dell’Encyclopedia of Science Fiction. Concepita da Peter Nicholls alla fine degli anni Settanta, la SF Encyclopedia è approdata al web nel 2005, dopo varie edizioni cartacee e su Cd-rom – supporti che oggi non sarebbero più in grado di contenerne l’estensione. Con la sua scuderia di collaboratori internazionali e il suo nucleo di curatori scientifico-redazionali, rappresenta una mediazione tra collaborazione aperta e autorevolezza autoriale per molti versi alternativa al modello rappresentato da Wikipedia. In questo senso si è mosso anche il mondo francofono con il portale enciclopedico Noosfere sviluppatosi dal 1999.

Il web rende accessibili peraltro risorse plurilingui o a cavallo di confini linguistico-geografici. L’appassionata europea, oggi, può consultare il giovane 中文科幻数据库 (CSFDB, Chinese Science Fiction Database) con lo stesso browser con cui accede al retrospettivo Catalogo SF, Fantasy e Horror fondato da Ernesto Vegetti nel 1958, passato da calcolatori e floppy disk fino all’approdo in Internet, e chiuso nel 2009 dopo aver censito il fantastico nella storia del libro in Italia a partire dal 1602.

Si tratta di iniziative che hanno alle spalle comunità virtuali (non istituzioni pubbliche e/o accademiche) e che dunque di Internet, e specificamente del web, sfruttano anche la possibilità di strutturare e far funzionare gruppi di individui altrimenti distanti tra loro, e di costruire cataloghi di biblioteche ideali, che non fanno riferimento a collezioni fisicamente esistenti.

In ambito accademico si possono citare a titolo esemplare l’impressionante bibliografia utopica dal 1516 a oggi compilata da Lyman Tower Sargent, e ospitata su server delle Penn State University Libraries, e la cornucopia di materiali critici, bibliografici, concordanze, edizioni elettroniche dedicata al padre dell’utopia europea The Essential Works of Thomas More, frutto di collaborazione tra varie studiose e studiosi.

Quanto invece a risorse catalografiche che offrono sul web un punto d’accesso a collezioni reali, accanto al catalogo di Apice si potrebbero elencare quelli di collezioni come la Arthur O. Eaton Collection of Science Fiction and Fantasy (University of California), la Science Fiction Hub and Special collection (University of Liverpool), la Utopian Studies Collection (University of Missouri-St. Louis), o, ancora, gli Arthur O. Lewis Society for Utopian Studies papers (Pennsylvania State University). Si tratta di pochi esempi rappresentativi di una galassia ben più articolata, censita dalla SF Archival Collections Wiki mantenuta dai bibliotecari di varie istituzioni, e letteralmente mappata in SF Archival collection, amministrata in Googlemaps da The Eaton Journal of Archival Research in Science Fiction.

Moltissimo si potrebbe dire di come il mondo della speculazione fantastica abbia abbracciato le potenzialità del digitale per la distribuzione di contenuti – riviste scientifiche e amatoriali, directories e portali di risorse – e per la comunicazione – dai BBS di ieri a newsletter, forum e siti web di oggi. Più interessante è forse però accennare a quegli ambiti tecnici dotati di uno specifico potenziale euristico. Se abbiamo in apertura risposto positivamente alla domanda “ha contribuito la fantascienza a dare forma alle digital humanities?” possiamo chiederci viceversa se e come gli strumenti che oggi vengono elaborati nel campo delle discipline umanistiche digitali contribuiscano a una migliore comprensione della speculazione fantascientifica.

Anche in questo ambito testi chiave della tradizione europea come l’Utopia di More continuano a catalizzare l’attenzione e la creatività di studiose e studiosi. Il progetto Open Utopia di Stephen Duncombe (New York University) propone ad esempio un’edizione ipertestuale e multi-codicale come punto di partenza per nuove letture e attualizzazioni del testo, e connette il sito principale a un progetto di scrittura collettiva su piattaforma wiki.

Alla marcatura dei testi e all’organizzazione di corpora testuali fa seguito la possibilità di costruire analisi e visualizzazioni. Passando dai libri, ai testi, ai dati, all’analisi dei dati, la ricercatrice fantascientifica scorge davanti a sé i promettenti territori della georeferenziazione, della narrazione spazializzata, della network analysis. Tra un distant reading “morettiano” e nuove possibilità di approfondimenti semantici e formal-strutturali, si schiude una moltitudine di piste di investigazione quantitativa e di nuove indagini qualitative.

Si cominciano così a circoscrivere e processare insiemi di fonti per cogliere l’evoluzione di interessi e gusti, in prospettiva di storia e sociologia culturale (il text-mining di corpora fantascientifici in ricerche correnti come quelle di Alex Wermer-Colan) o di storia della letteratura (le analisi e visualizzazioni di un corpus gibsoniano condotte da Stefania Forlini, Uta Hinrichs, Bridget Moynihan e John Brosz) e di stilistica (la stilometria computazionale applicata a C.S. Lewis da Michael P. Oakes), o ancora, si costruiscono applicazioni catalografiche e divulgative.

In conclusione, la speculazione utopico-fantascientifica sta confermando, nel mondo digitale, la sua capacità di operare a cavallo tra tradizioni metodologiche differenti, e di riscoprire e rendere fruttuoso un retroterra epistemologico comune spesso poco visibile nel nostro sistema dei saperi contemporaneo.

 

Giulia Iannuzzi
Università di Firenze – Università di Trieste