«Per una nuova vita del popolo italiano». Modelli e forme nel Canzoniere italiano di Pier Paolo Pasolini (1955) – Convegno 4 maggio
«A mio fratello Guido, caduto nel ’45 sui monti della Venezia Giulia, per una nuova vita del popolo italiano».
Questa dedica accoglie il lettore che nel 1955 apre il Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare, raccolta ampia e sistematica che Pier Paolo Pasolini pubblica per i tipi di Guanda. L’antologia, con le sue 441 pagine (indici esclusi) e i 790 testi selezionati, rappresenta uno dei più ampi e complessi repertori della poesia popolare in Italia.
Per due anni Pasolini lavora alla scelta e all’edizione dei testi di poesia popolare, dopo aver dato alle stampe Poesia dialettale del Novecento (Guanda, 1952, nella collana “La Fenice”, diretta da Attilio Bertolucci).
La raccolta di testi folclorici è il frutto di un lungo lavoro di ricerca e di riflessione politica e civile dello scrittore, allora trentenne, ma è rimasta parzialmente nell’ombra, meno considerata rispetto agli interventi degli anni Sessanta e alle opere “maggiori”. Oggetto dell’ampia e straordinaria indagine di Alberto Cirese, solo di recente il Canzoniere italiano è stato al centro di ricerche condotte da prospettive diverse, di taglio antropologico, letterario, linguistico: l’opera non soltanto appare oggi centrale, come lascia intuire la dedica, nel percorso di scrittura di Pasolini, perché segna un momento di elaborazione da cui prende forma un nucleo nevralgico di pensiero critico, ma rappresenta in chiave nazionale un momento di presa di coscienza sul tema della cultura popolare, sulla sua elaborazione e sulla ricezione, in anni di profondo ripensamento dei paradigmi dell’indagine folclorica.
Intorno a quest’opera, antologia e insieme viaggio nella cultura di una nazione, il Centro Apice dell’Università di Milano, in collaborazione con il Dipartimento di Studi letterari, filologici e linguistici dell’Università degli Studi di Milano, con patrocinio dell’Accademia della Crusca, dell’Associazione per la Storia della Lingua italiana, del Centro Studi – Archivio “Pier Paolo Pasolini” di Bologna e del Centro Studi “Pier Paolo Pasolini” di Casarsa della Delizia, organizza il Convegno di Studi «Per una nuova vita del popolo italiano». Modelli e forme nel Canzoniere italiano di Pier Paolo Pasolini (1955), che si terrà il 4 maggio 2022 in Sala Crociera Alta di Giurisprudenza e in collegamento Teams.
Studiosi con formazione e con approccio diversi prenderanno in considerazione la raccolta curata da Pasolini, ne valuteranno le scelte e la selezione di testi, guarderanno alle dichiarazioni teoriche che l’Introduzione offre. Come si è detto, Alberto Cirese per primo, in momenti diversi, nell’arco di cinquant’anni, è tornato sul libro, ne ha valutato la portata e ha studiato l’impatto di quell’operazione culturale nel contesto della ricerca degli anni Cinquanta e Sessanta, mettendo in luce la problematicità di un’opera che si colloca nell’alveo della riflessione sul rapporto tra cultura nazionale e cultura locale, al crocevia dell’impegno politico e morale più forte e significativo.
Accompagna infatti la dedica al fratello Guido una citazione che chiarisce, con quelle della dedica, le ragioni del libro. Pasolini sceglie un passaggio dell’ultima lettera che il fratello gli ha indirizzato, datata 27 novembre 1944, testimonianza di un impegno e espressione di un incarico che Pier Paolo raccoglie e fa proprio:
«Abbiamo fondato fra gli altri un nuovo giornale “Quelli del Tricolore”, dovresti scrivere qualche articolo che fa al caso nostro… con qualche poesia magari, in italiano e friulano… qualche canzone su arie note, pure in italiano e friulano…»
Alla luce di questi passaggi la citazione della lettera del fratello appare epitaffio che segna una ferita ancora viva allora e destinata a restare tale negli anni, ma più di tutto si propone come chiave di lettura che intende stabilire la continuità con quell’esperienza, maturazione di un momento doloroso e critico, ma anche consapevole raccolta di un impegno.
Gli studiosi che parteciperanno al Convegno di Studi organizzato dal Centro APICE metteranno in luce come il titolo scelto da Pasolini (Canzoniere), che implica il diretto riferimento alla tradizione delle raccolte di testi poetici, ma anche il legame stretto con la canzone, modulo che ha l’ambivalente natura di elemento metrico colto e di riferimento di ampia circolazione popolare («dovresti scrivere qualche articolo che fa al caso nostro… con qualche poesia magari, in italiano e friulano… qualche canzone su arie note, pure in italiano e friulano…»).
Il riferimento alle canzoni, genere ben diffuso nella fruizione popolare, forse vuole anche alludere alla possibilità e all’intenzione di allestire un contro-canzoniere, quello del popolo, rispetto a quello colto degli autori. La rassegna storica degli studi affidata da Pasolini a un’ampia Introduzione genera una riflessione centrale: capire la poesia popolare significa comprendere la sua origine, cioè arrivare a scoprire “come nasce la poesia popolare”, ma anche arrivare a definire le modalità di quella poesia, sulle istanze profonde e sui rapporti tra culture.
Un altro grande tema, fondante della riflessione tra Ottocento e Novecento in campo letterario e di critica, è l’idea di scambio tra culture o tra livelli culturali. Basterà rileggere un passaggio nevralgico della riflessione per capire la novità del pensiero di Pasolini sul “popolare”:
«Naturalmente, intendiamo dire soprattutto “bi-stilismo sociologico”: e, per definire, di questa doppia storia stilistica, l’umile ala popolare, potremmo ricorrere, tra le molte adottabili, a una formula di questo genere: lo stile popolare, essendo parassitario in quanto a evoluzione di forme, al farsi storico, di una istituzione stilistica superiore, è caratterizzato specialmente dal fatto che ogni sua “invenzione” non è anche una “innovazione”. Quanto ad altre sue caratteristiche e ad altri casi della sua problematica, ci occuperemo in modo concreto trattando, coi nostri deboli mezzi non di “competenti” ma di letterati sconfinanti da territori specializzati limitrofi, la poesia popolare delle varie regioni».
Con l’umiltà di chi sa che attraversa territori che non sono in tutto e per tutto suoi, lo scrittore ipotizza che lo stile popolare sia «parassitario» rispetto alle istituzioni stilistiche superiori, ne inveri le forme e le soluzioni, senza attuare “innovazioni”, ma certo mettendo in campo “invenzioni”.
La rassegna regionale si chiude con un’appendice storica in cui vengono raccolti i canti politici e storici, dal Risorgimento alla Resistenza, passando per la prima guerra mondiale e per il fascismo. Singolare nel timbro e nella soluzione è la voce della Resistenza:
«Come spiegare allora la poca popolarità delle canzoni partigiane? Questa volta la lotta era “sentita”: l’enorme percentuale delle masse era col Cln, pur trattandosi ancora di una scelta per esclusione, inerte quindi; e i combattenti, erano volontari. Ma, intanto, bisognerà dire che, quantitativamente, la produzione è molto maggiore dal ’43 in poi che dal ’43 in giù: molto più fervida e diffusa, benché anche qui giochino la dispersione e l’estensione dei fronti».
Si chiudeva così, nella Resistenza e nell’immagine del fratello Guido e della sua tragica morte, il cerchio della poesia risorgimentale, poesia del popolo, inteso come fusione delle classi che mantengono la loro voce e il loro stile, ma diventano un unico elemento nel costruire appunto l’ideale di una nazione, che è poi una voce comune, ma è anche, come Pasolini ha scritto nella premessa, tutte le voci diverse che in quella si riconoscono e che in quella evolvono.
Giuseppe Polimeni
Università degli Studi di Milano
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