21 febbraio 2023

La stanza di Elsa Morante. Il laboratorio di una scrittrice

La stanza di Elsa Morante alla Biblioteca Nazionale centrale di Roma

“La stanza di Elsa” fu inaugurata alla Biblioteca Nazionale centrale di Roma nel febbraio del 2015. Con essa si è voluto ricostruire, grazie agli arredi originali, l’ultimo studio di Elsa Morante, la stanza della casa romana di via dell’Oca 27, dove ella lavorò ai suoi libri a partire dal 1964. La realizzazione della “Stanza” va considerata come il punto di arrivo di un lungo percorso di acquisizione dell’archivio della scrittrice avvenuto nell’arco di oltre un ventennio: lo spazio che simbolicamente riepiloga e contiene il suo mondo letterario.

All’indomani della scomparsa di Elsa Morante, avvenuta il 25 novembre del 1985, rispettando la sua stessa volontà, gli eredi consegnarono in dono alla Biblioteca nazionale centrale di Roma un cospicuo nucleo di carte manoscritte, contenenti le varie stesure, su quaderni e dattiloscritte, delle sole cinque opere principali: Menzogna e sortilegio, Lisola dArturo, Il mondo salvato dai ragazzini, La Storia, Aracoeli.

Era il primo atto di un processo di acquisizione dell’archivio che già in questo primo nucleo appariva di una ricchezza e di una vitalità sorprendenti. Ma niente lasciava immaginare la grandissima quantità di documenti, un vero “tesoro nascosto”, composto di romanzi inediti, scritture giovanili, diari, traduzioni, che sarebbe arrivata due decenni dopo, a cui si andarono ad aggiungere le migliaia di lettere dell’epistolario, i libri postillati della sua libreria, la raccolta di dischi con cui si chiuse la donazione. Man mano che l’archivio si è sedimentato in un lungo arco di tempo, rivelando nuove scoperte e nuovi percorsi di indagine, si è andata trasformando la percezione dell’opera e della figura stessa della Morante: autrice di 5 grandi romanzi, scrittrice di tutta la vita. L’archivio, a conclusione del processo che lo ha portato alla BNCR, mostra una estensione cronologica che copre quasi 70 dei 73 anni della sua vita, e che va dai primi quaderni di una bambina precocissima alle ultime parole scritte su un notes pochi mesi prima di morire.

La progressiva implementazione delle carte ha determinato una sorta di lento disvelamento, consentendo nuovi punti di vista sull’opera e sulla personalità stessa della scrittrice; è stato possibile riannodare i nessi e ricostruire una visione d’insieme dei suoi scritti, entrare nei percorsi genetici dei romanzi, assistere alla costruzione dei personaggi, scoprire alcuni aspetti autobiografici.

Esaminando i documenti di cui si compone l’archivio, si può avere l’illusione che sia Morante stessa a condurci per mano nella ricerca, grazie alle tante tracce disseminate tra le carte, quasi lasciate ad arte per aiutare il lettore ad orientarsi tra gli appunti, le poesie scritte in margine ai quaderni, le riscritture. Tutto questo dà come risultato la sensazione di essere approdati ad una conoscenza più intima e profonda da cui appare chiaro l’intreccio indissolubile tra vita e letteratura.

L’ultima donazione da parte degli eredi comprendeva, insieme ai dischi e ai libri, anche significativi elementi d’arredo, librerie, quadri, soprammobili, fotografie, sulla base dei quali la Biblioteca nazionale ha potuto ridare vita al laboratorio di scrittura di Elsa Morante. Ricostruita sulla base delle fotografie che documentano gli interni dell’appartamento di via dell’Oca, suffragata dalla memoria storica di Carlo Cecchi, testimone d’eccezione e custode per anni degli oggetti a lei più cari, la “Stanza di Elsa” costituisce una ricostruzione quanto possibile fedele al vero.

Dalle foto scattate poco prima che l’appartamento venisse svuotato per essere venduto, si possono riconoscere gli elementi di cui oggi si compone la stanza: la scrivania su cui Elsa lavorò negli ultimi 20 anni, la macchina da scrivere elettrica, all’avanguardia per quegli anni, usata per redigere il dattiloscritto di Aracoeli, le due librerie che incorniciavano il caminetto con la ricca collezione di oltre 1400 dischi e la raccolta di libri sulla musica, il portaritratti di cuoio con quattro foto di Bill Morrow, le foto dei gatti, il collage con le figurine ritagliate dei suoi autori preferiti, tra cui Mozart, Stendhal, Spinoza. Una panchetta di vimini dal cuscino azzurro e una poltrona di cuoio erano lì ad accogliere gli amici più intimi ammessi nello studio e all’ascolto della musica. Nella quadreria che illumina lo spazio i nove quadri di Bill Morrow, originariamente distribuiti in vari ambienti dell’appartamento, ricordano la figura quasi sconosciuta del giovane pittore americano morto prematuramente e il profondo legame che lo ha unito alla Morante.Tra i dipinti donati anche due ritratti ad olio di Carlo Levi e di Leonor Fini, tra i più antichi e fedeli amici di lei e a lei particolarmente cari, che la raffigurano negli anni della giovinezza.

La “Stanza di Elsa” è allo stesso tempo un documento filologico che a pieno titolo è parte integrante dell’archivio e la suggestione di uno spazio segreto e ormai scomparso che ancor prima che materiale può considerarsi un luogo dell’anima: la rappresentazione del laboratorio da cui uscirono tanti capolavori, la sintesi di tutte le stanze in cui Elsa scrisse nel corso della sua vita. Ciascuno dei suoi scritti potrebbe essere ricondotto ai contesti spaziali in cui trovò compimento, alle stanze dentro cui prese forma: le dimore dell’infanzia e dell’adolescenza nel quartiere popolare di Testaccio e nella periferia rurale di Monteverde Nuovo, le camere ammobiliate e le pensioncine modeste della giovinezza al centro di Roma, i borghesi appartamenti coniugali, gli studi fuori casa, in via Archimede e poi in via del Babuino, dove si nascondeva a lavorare in un isolamento quasi leggendario e infine, lo studio di via dell’Oca.

 

Giuliana Zagra
Biblioteca Nazionale Centrale di Roma