15 luglio 2020

La (ri)scoperta dei viaggi nel Bel Paese

Fra gli effetti collaterali del coronavirus – non sulla salute, s’intende – i giornali hanno parlato di “effetto scoperta”: scoperta dell’orto (sul balcone, in giardino), dei negozi di quartiere e dell’e-commerce, del made in Italy e dell’inno di Mameli, della pasta e del pane fatti in casa. E in tempo di vacanze la scoperta – meglio ri-scoperta – riguarda anche il Bel Paese: vuoi per prudenza o più praticamente perché l’apertura dei confini è incerta così come la conferma dei voli, la stragrande maggioranza di chi può permettersi le vacanze le passerà in Italia.

Quella dei viaggiatori italiani in Italia è in realtà una lunga tradizione che prende slancio con il passaggio dalla società di Antico regime alla modernità urbana – data emblematica, il 1789. Quando la moda del Grand Tour si impone portando al di qua delle Alpi i rampolli delle aristocrazie del Nord, mentre gli italiani non vanno solo all’estero, seguendo il percorso inverso, ma anche all’interno dello Stivale. E, insieme ai souvenir, sulla via del ritorno portano con sé resoconti, lettere e taccuini fitti di appunti, a memorabile ricordo del compimento della propria formazione. Sono documenti destinati agli archivi di famiglia o – non di rado – ad essere pubblicati: con il secolo dei Lumi la travel literature dilaga. Si tratta di una pratica di scrittura che attraversa i secoli successivi, testimoniata nei fondi di Apice da straordinari materiali di studio ancora da valorizzare.

Diario di Felice Calvi: viaggio a Firenze, Roma e Napoli

Perché nell’Ottocento gli italiani in Italia “vedono” la nascita della Nazione, attraversandola da Nord a Sud e viceversa, ma sono moltissimi anche gli itinerari regionali, provinciali e locali. Alla ricerca di opere d’arte descritte con meticolosa attenzione al dettaglio, nel manoscritto datato 1833-’34 il nobile Girolamo Luigi Calvi si concentra su chiese, palazzi, giardini e studi di artisti, ma non mancano osservazioni di altro genere, come  nel paragrafo intitolato Memorie diverse sopra li costumi Romani:  “In quest’anno passato od almeno in questi ultimi anni ebbero luogo ancora diversi matrimonii clandestini nel modo che si narra da Manzoni del matrimonio di Lucia e si tengono validi. È da notarsi però che uno di tre di questi che si citano, l’ultimo non fu valido perché credendo di far la dichiarazione al Parroco la fecero ad un altro prete che trovavasi in Sagristia”. Con lui c’è il figlio, a sua volta autore delle Memorie del Viaggio di Firenze, Roma, Napoli di Felice Calvi 1833-’34. Ha solo undici anni: la consuetudine di prendere nota delle proprie esperienze on the road riguarda davvero tutti, e Felice lo fa indicando diversamente da Girolamo date e tappe del tragitto, e così i loro diari risultano complementari.

Anno mirabilis il 1861, quando i viaggiatori nostrani si moltiplicano perché finalmente l’Italia non è più solo un’espressione geografica, così come è decisivo nel secolo seguente il periodo del boom economico. Proprio allora Gina Lagorio parte in macchina con la famiglia verso Sud, da Savona seguendo la costa del mar Ligure prima e quella adriatica poi, e scopre le prime avvisaglie del turismo di massa: a Fermo “è veramente ferragosto nel suo significato deteriore. La strada è ingombra, si viaggia male, in un continuo problema di sorpassi e di ciclisti da scansare; fa un caldo afoso, senza il refrigerio di una bava d’aria; la folla è fitta in ogni paese che attraversiamo e non c’è una camera per la notte”. Il resoconto si legge in un taccuino e nelle successive redazioni dattiloscritte di Ferie italiane 1956, in gran parte inedito come il racconto del successivo viaggio in Sicilia, che precede il tour in Puglia di un grande editore, Valentino Bompiani. Nei suoi diari manoscritti datati 1963-’64 le parole si alternano a disegni, silhouette, eloquenti schizzi a penna. Sono gli anni centrali della grande avventura di Mario Soldati viaggiatore in Italia, raccontata in volumi famosi (Vino al vino), trasmissioni televisive memorabili (Viaggio nella Valle del Po) ma anche in agendine, quadernetti di appunti, rubriche manoscritte redatte fra anni Quaranta e Novanta, materiali preparatori compilati lungo la bellezza di mezzo secolo.

Non solo letteratura dunque, ma scritture di viaggio, al plurale, con vari gradi di rifinitura: resoconti d’autore e di non letterati ma altrettanto interessanti, uomini, donne e ragazzi. E allora perché non fare di necessità virtù, di questi tempi, con un’altra riscoperta, il piacere di raccontare scrivendo le nostre prossime vacanze nel Bel Paese.

Luca Clerici
Centro Apice
Università degli Studi di Milano