18 aprile 2022

La nuova edizione della “Poesia dialettale del Novecento”: il ricordo di Claudio Marazzini

Poesia dialettale del Novecento, a cura di Mario Dell’Arco e Pier Paolo Pasolini, Parma, Guanda, 1952

Mi ero laureato da poco tempo, il 20 novembre 1972, e nel 1973-74 avevo usufruito di una borsa di studio biennale; poi, dal novembre 1974, ero diventato “contrattista”, come allora si diceva, cioè ero titolare di un contratto quadriennale con l’università di Torino, presso la cattedra di Storia della lingua italiana di Gian Luigi Beccaria, il mio maestro. Non ricordo con sicurezza in quale delle due posizioni mi trovassi, borsista o contrattista, quando Guido Davico Bonino, allora funzionario editoriale dell’Einaudi, dopo avere parlato della cosa con Beccaria, mi convocò nella casa editrice, allora luogo mitico per tutti noi torinesi, e mi spiegò che Pier Paolo Pasolini, scrittore ammiratissimo e intellettuale affascinante, come ovvio, agli occhi di un giovane come io ero allora, aveva acconsentito a una proposta della casa editrice per realizzare una nuova edizione aggiornata della sua Poesia dialettale del Novecento. Non avevo mai letto quel libro, ma molto avevamo parlato all’università di poesia dialettale, per cui l’idea mi parve bellissima, e fui felice di avere un piccolo ruolo in questa impresa. Nel colloquio a cui mi presentai, timoroso e pieno di buona volontà, nell’edificio di Via Biancamano, sede storica della casa editrice, Guido Davico Bonino mi spiegò che Pasolini era disposto a curare l’aggiornamento della sua antologia, la cui prima edizione era uscita da Guanda nel 1952 (curata da Pasolini stesso e da Mario Dell’Arco), ma non aveva tempo di cercare da sé i nuovi libri usciti e i nuovi poeti, per cui gli occorreva qualcuno che svolgesse questa indagine preparatoria, compilando un elenco sul quale poi lui avrebbe lavorato.

Ho detto che il compito mi venne assegnato nel 1973-74, anche se non trovo una lettera di affidamento ufficiale da parte di Einaudi. Non sono nemmeno certo che una lettera del genere ci sia stata, anche se mi pare di ricordare che si pattuì un piccolo compenso con l’editore, per quel lavoro piuttosto meccanico che io dovevo volgere, e che tra poco descriverò. L’affidamento non avvenne prima del novembre 1973, perché dal 27 settembre 1972 al 20 novembre 1973 mi trovavo sotto le armi: anzi, discussi la tesi di laurea proprio mentre ero militare (per guadagnare tempo), e certamente da soldato non avrei avuto l’opportunità di compilare elenchi nelle biblioteche, che era appunto ciò che mi si richiedeva.

Diciamo dunque che, con buona probabilità, alla fine del 1973, o più verosimilmente nel 1974 (come mi pare di poter ricordare) mi fu assegnato il lavoro, che consisteva nel reperire titoli di opere di poesia dialettale d’autore, consultando il catalogo dei libri stampati in Italia, elencati per categorie nella rivista, allora rigorosamente cartacea, che registrava le nuove pubblicazioni, intitolata Libri e riviste d’Italia. La leggevo nella Biblioteca Civica di Torino, e trascrivevo i titoli. Vi si trovava una sezione apposita per la poesia, ed era quella che io dovevo spogliare con attenzione. Vedo ora una lettera di Pasolini a Giulio Einaudi, datata Roma 15 aprile 1972, nella quale lo scrittore parla proprio del progetto nel quale io fui coinvolto, e scrive: «Sono d’accordo allora di affidare a un giovane una ricerca bibliografica dei testi poetici dialettali usciti dopo il mio lavoro La poesia dialettale» (P. Paolo Pasolini, Lettere 1955-1975 con una cronologia della vita e delle opere, Torino, Einaudi, 1988, p. 719). Quel “giovane” fui appunto io, e mia fu la ricerca: si potrebbe aggiungere una nota a quella pagina dell’epistolario. La mia bibliografia fu da me battuta a macchina, fascicolata e consegnata. La mia speranza era quella di incontrare lo scrittore, una volta che avesse visto il mio lavoro.

Mi disse poi Guido Davico Bonino che, morto Pasolini tra il 1° e il 2 novembre 1975, il fascicolo dattiloscritto con la bibliografia che avevo raccolto (del quale io non conservo copia) era stato ritrovato proprio sul comodino da notte dello scrittore, che evidentemente ci stava lavorando.

 

Claudio Marazzini
presidente
Accademia della Crusca