01 novembre 2022

Gina Lagorio cent’anni dopo

Una foto di Gina Lagorio tratta dal suo archivio conservato ad Apice

 

Cento anni fa nasceva a Bra, in provincia di Cuneo, Gina Lagorio, che, come ricorda Edith Bruck, si è sempre firmata così, “con quel cognome del partigiano Lagorio che non ha mai abbandonato sia nei libri sia nella bocca, dove sembrava rianimarsi”. È il marito della giovinezza raccontato nel romanzo Approssimato per difetto, appena ripubblicato da Garzanti, dove ne rivive la malattia e la morte alla ricerca della verità e nel segno dell’amore. “Un libro assolutamente eccezionale, che ricordo quasi a memoria e che dalla memoria non mi uscirà più”, le scrive Sebastiano Timpanaro. Dopo il Piemonte ecco la Liguria, seconda tappa della vita della scrittrice, non a caso studiosa di Beppe Fenoglio ma anche di Camillo Sbarbaro, che firmandosi “poeta mite ma bibace” in una lettera la ringrazia “della bellissima cartolina da Cherasco; munito di lente, ho potuto scorgere sui tronchi dei pioppi (pioppo tremulo) meravigliosi licheni. Se il viale è a tiro di mano, Gina non potrebbe con un coltelluccio…?”. Nella vecchia scatola a fiori rossi e gialli custodita in APICE si trova la busta dell’ultimo lichene raccolto dal poeta, fra i maggiori collezionisti di sempre. Reca autografo il motivo della dolorosa rinuncia a questa antica passione: uno spavento lungo la strada del cimitero vecchio, a Savona, dove abita anche lei.

Dopo Bra (ma anche Cherasco, qui Gina passava le estati da bambina a casa dei nonni, buen retiro di tutta la vita), Savona – “se ci penso, tutto quello che ho scritto, di narrativo e di critico, breve o dispiegato, è stato equamente suggerito dalle due anime, la marina e la terrestre, che mi ritrovavo in corpo senza baruffa e lacerazioni” – e poi Milano, capitale dell’editoria. È la città del secondo marito, Livio Garzanti, e della definitiva affermazione letteraria. In casa editrice la Lagorio collabora alla realizzazione dell’Enciclopedia Europea ed è direttore responsabile della collana economica «Grandi Libri», ruolo che ne fa il punto di riferimento per molti scrittori, fra cui Anna Maria Ortese. Ed è grazie a lei che Andrea Camilleri pubblica nel 1980 Un filo di fumo, in cui compare per la prima volta il toponimo Vigata, futura patria del commissario Montalbano. La Lagorio è stata non solo scrittrice di romanzi e racconti, funzionaria editoriale e studiosa di letteratura ma anche autrice di teatro e critica militante che collabora a molteplici testate, reporter (dall’Italia, dalla Russia, dall’America), donna impegnata nel modo della scuola e instancabile ambasciatrice della cultura letteraria italiana all’estero, con iniziative in Kenia, Messico, Nicaragua, Brasile, Cina, Ungheria e in tantissime altre località di tutti i principali continenti. E ancora, nel 1987 viene eletta in Parlamento, entra a far parte del gruppo degli indipendenti di sinistra e si batte per i diritti delle donne e per la pace.

Ecco perché a cento anni dalla nascita è importante ricordare Gina Lagorio, che domenica 13 novembre torna alla ribalta al Teatro Parenti di Milano in via Pier Lombardo 14, nell’accogliente sala Café Rouge.

 

Luca Clerici
Università degli Studi di Milano